Fico d’India

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di Luciano O. Atzori

Il Fico d’India (detto anche Ficodindia) è il frutto di una pianta succulenta, cioè grassa (Opuntia ficus-indica), originaria del Centro America che in passato si è ben adattata al clima del bacino del Mediterraneo (soprattutto nel sud Italia, Sardegna, Sicilia, Malta e nord Africa) diventando un elemento distintivo del paesaggio.

Il fico d’india può avere la polpa di differenti colorazioni a seconda della varietà: giallo tendente all’arancione nella varietà Sulfarina, rosso vivo nella cultivar Sanguigna e colore biancastro nella Muscaredda. Ovviamente alcune caratteristiche nutrizionali variano secondo il colore.

Anche la forma di questa bacca carnosa può assumere differenti conformazioni a seconda della cultivar oppure al periodo di maturazione, infatti, i frutti che maturano per primi generalmente sono arrotondati, mentre quelli successivi (i cosiddetti tardivi) hanno una forma allungata.
I ficodindia sono caratterizzati da un gradevole sapore e dai dall’elevato  numero di semi.

Questo frutto è ricco di vitamina C, di antiossidanti (betanina, indicazantina) in grado di contrastare i radicali liberi, di fibra (utile per regolarizzare il transito fecale), di minerali (potassio, calcio, fosforo, ecc.), di beta-carotene (pro-vitamina A), oltre ad avere un apporto calorico moderato (100 grammi della parte edibile del frutto apportano circa 53 calorie).

Tra le principali proprietà vi è quella astringente (semi), saziante (quindi riduce il senso di appetito), lassativa (polpa), riduzione degli effetti da assunzione di alcol (recentemente dimostrato da uno studio americano) e tante altre.

Il fico d’india non andrebbe mai consumato in eccesso perché può determinare l’occlusione intestinale di tipo meccanico a seguito della formazione di boli di semi nel colon (intestino crasso). Ovviamente il consumo è sconsigliato a chi soffre di diverticolosi intestinale.

Generalmente se ne consiglia un consumo contenuto assieme a del pane per evitare che i semi possano formare i boli occlusivi.

Essendo la pianta del fico d’india molto resistente alla siccità, assorbendo parecchia CO2 dall’atmosfera (circa 5 tonnellate di anidride carbonica per ettaro coltivato), conservando parecchia acqua all’interno delle sue pale (circa 180 tonnellate in un solo ettaro di coltivazione), potendo essere un buon alimento per gli animali d’allevamento e producendo dei frutti molto nutrienti e in quantità notevoli (circa 20 tonnellate di frutti, ma anche 50 se le piante vengono regolarmente irrigate), secondo la FAO questa pianta può essere uno dei cibi del futuro per contrastare la fame nel mondo, il boom demografico e il costante cambiamento climatico (incessante aumento delle temperature e conseguente desertificazione).

Chi coltiva queste piante generalmente, per ottenere dei frutti più grandi e con meno semi, rimuove i fiori della prima fioritura (scozzolatura) in modo tale che la pianta sia spronata a effettuare una seconda fioritura che darà origine a frutti con le caratteristiche ricercate.

In Italia questa pianta è ormai così ben naturalizzata che al Fico d’India dell’Etna, dall’anno 2003, è stato riconosciuto il marchio Dop per le sue particolari caratteristiche.

Insomma nell’ambito di una dieta varia ed equilibrata è sicuramente utile inserire nella propria alimentazione il consumo dei fichi d’india, specialmente se si considera che in alcune regioni (Sicilia, Sardegna, Calabria, ecc.) si trovano le piante in libera campagna che permettono una raccolta senza costi, prendendo ovviamente le dovute precauzioni con le spine.

© Produzione riservata

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Dr. Luciano O. Atzori
Biologo – Esperto in Sicurezza degli Alimenti e in Tutela della Salute
Divulgatore Scientifico – Consulente agroalimentare
Co-founder  ISQAlimenti.it