Alcaloidi nel cibo e bevande…

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di  Luciano O. Atzori

A chi, a colazione o nelle pause delle fredde giornate, non piace gustarsi un buon tè oppure un salutare e caldo infuso di erbe, casomai con del buon miele? E chi ogni tanto non inserisce nella propria dieta qualche integratore alimentare a base di erbe?

Penso che tutte queste azioni siano svolte da parecchie persone eppure pare che nel lungo termine possano racchiudere dei potenziali rischi per la salute umana a causa dell’esposizione a degli Alcaloidi Pirrolizidinici (PA).

Questi composti organici rappresentano un gruppo di alcaloidi, derivati della Pirrolizidina, comprendente sostanze chimiche molto tossiche specialmente a livello epatico. Parecchie centinaia di PA sono stati identificati in oltre sei mila piante, e pare che circa la metà di essi presentano epatotossicità. Si trovano in vegetali appartenenti alle famiglie delle Borraginaceae, Asteraceae, Orchidaceae e Leguminosae, meno frequentemente nelle Poaceae e Convolvulaceae.

Pare che il 3% delle piante da fiore del mondo contengono alcaloidi pirrolizidinici. Generalmente queste sostanze vengono sintetizzate dalle piante come meccanismo di difesa contro gli insetti fitofagi e gli animali erbivori.

Nel 2011 l’EFSA (European Food Safety Authority) ha valutato l’impatto degli alcaloidi pirrolizidinici (tossine che diverse specie di piante, per la maggior parte malerbe, producono in natura) negli alimenti e nei mangimi (1) esprimendo un parere scientifico. Gli esperti scientifici del gruppo sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) dell’EFSA hanno individuato la presenza negli alimenti e nei mangimi di un certo numero di PA importanti in quanto potenziali contaminanti e hanno concluso che esiste una possibile preoccupazione sanitaria per alcuni forti consumatori di miele, il solo alimento per il quale sino al 2011 fossero disponibili dati sui livelli di PA. Il parere degli esperti conferma inoltre le conclusioni del precedente lavoro svolto dall’EFSA sui PA nei mangimi, dal quale è risultata una bassa probabilità di rischio per gli animali da tali tossine.

Il gruppo CONTAM ha affermato che i PA di una certa classe (denominati PA 1,2-insaturi), possono agire sull’uomo da cancerogeni genotossici (cioè possono provocare il cancro e causare danni al DNA). Il gruppo di esperti scientifici ha concluso pertanto che non è opportuno stabilire una dose giornaliera tollerabile (TDI) e, per stimare il rischio potenziale da esposizione a questa classe di PA negli alimenti, ha quindi deciso di utilizzare piuttosto il margine di esposizione (MOE).

Sebbene possano esistere altre fonti di esposizione ai PA, a causa della carenza di dati in merito il gruppo CONTAM non è stato in grado di quantificare l’esposizione da alimenti diversi dal miele (dove la presenza dei PA è imputabile all’attività di bottinatura delle api).

Nel luglio 2017, sempre l’EFSA ha aggiornato la sua consulenza del 2011 affermando (2) che secondo gli esperti dell’EFSA, l’esposizione agli alcaloidi pirrolizidinici presenti negli alimenti rappresenta un potenziale problema nel lungo termine per la salute umana, in particolare per assidui e grandi consumatori di tè e di infusioni di erbe, per il potenziale cancerogeno di tali sostanze. Gli esperti dell’EFSA hanno individuato ben 17 alcaloidi pirrolizidinici in alimenti e mangimi che devono continuare a essere monitorati e raccomandano ulteriori studi sulla tossicità e sulla cancerogenicità di quelli più comunemente presenti negli alimenti.

Nel 2016 il Ministero della Salute, attraverso la Nota DGSAN del luglio 2016, ha invitato gli operatori del sistema alimentare, in attesa che vengano stabiliti dei limiti massimi di PA a livello comunitario (UE), a impegnarsi per evitare la presenza di specie vegetali produttrici di alcaloidi pirrolizidinici e qualora venissero utilizzati dei semi a rischio bisogna assicurarsi che questi non siano contaminati.

Gli operatori coinvolti sono coloro che trattano i seguenti prodotti alimentari:

  • vegetali (e loro parti) per tisane e infusi;
  • vegetali (e loro parti) usati come materie prime per integratori alimentari vegetali;
  • integratori contenenti vegetali (o loro parti).

Nei casi in cui non sia possibile evitare la presenza, anche accidentale, delle specie vegetali produttrici di alcaloidi, gli OSA dovranno accertare che i livelli degli PA siano inferiori ai limiti di rilevabilità strumentale, utilizzando le migliori tecnologie disponibili e includendo almeno i 28 alcaloidi in discussione a livello europeo.

Oltre a ciò la nota ministeriale il Ministero della Salute invita le aziende a fornire dati sui livelli di contaminazione da AP negli integratori alimentari a base di piante e derivati e nelle erbe utilizzate nelle infusioni.

Appare evidente che non tutto ciò che è “naturale” è per forza salutare e senza creare inutili allarmismi si può affermare che, nell’ambito di un’alimentazione varia ed equilibrata e uno stile di vita sano, dovremo mangiare un po’ di tutto senza esagerare e soprattutto fare attenzione alle erbe selvatiche che eventualmente raccogliamo a scopi alimentari.

Note

(1) https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/111108a

(2) https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/170727

© Produzione riservata

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Dr. Luciano O. Atzori
Biologo – Esperto in Sicurezza degli Alimenti e in Tutela della Salute
Divulgatore Scientifico – Consulente agroalimentare
Co-founder  ISQAlimenti.it