Pubblicità degli Alimenti

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di Luciano O. Atzori

Basta aprire un qualsiasi giornale o rivista, guardare la tv o sentire la radio, ma anche osservare la cartellonistica stradale o le fiancate dei mezzi di trasporto pubblici come gli autobus, per non parlare dei siti internet, per trovare tantissima pubblicità sugli alimenti.

Anche le stesse confezioni (packaging) dei prodotti alimentari spesso sono ricche di informazioni di tipo pubblicitario. Insomma siamo letteralmente invasi dalla pubblicità e molta di questa propone il consumo di cibi e bevande.

Cos’è la pubblicità e quali norme la disciplinano?
Con il termine di Pubblicità si intende qualunque tipo di comunicazione (quindi di messaggio) che viene diffuso alla collettività con la finalità di promuovere l’acquisto di un bene (esempio un prodotto alimentare) e/o di un servizio.

L’articolo 2 del D.Lgs. 145/2007 (“attuazione dell’articolo 14 della Direttiva 2005/29/CE che modifica la Direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole”) definisce pubblicità “qualsiasi  forma di messaggio che è diffuso, in qualsiasi   modo,   nell’esercizio   di   un’attività  commerciale, industriale,  artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi  oppure  la  costituzione  o  il  trasferimento di diritti ed obblighi su di essi”.

Secondo il D.Lgs. 70/2003 (“attuazione della Direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico”), in merito al commercio elettronico, sono definite Comunicazioni Commerciali “tutte le forme di comunicazione destinate, in modo diretto o indiretto, a promuovere beni, servizi o l’immagine di un’impresa, di un’organizzazione o di un soggetto che esercita un’attività agricola, commerciale, industriale, artigianale o libera professione”.

Il D.Lgs. 177/2005 (Testo Unico della RadioTelevisione) definisce pubblicità televisivaogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro pagamento o altro compenso, ovvero ai fini di autopromozione, da un’impresa pubblica o privata o da una persona fisica nell’ambito di un’attività commerciale, industriale, artigiana o di una libera professione, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro pagamento, di beni o di servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni ”.

Il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale (CA) definisce “messaggio” qualsiasi forma di presentazione al pubblico del prodotto compresa la confezione, l’etichetta e l’imballaggio. Tale comunicazione commerciale quindi si ha attraverso immagini e scritte sull’involucro dei prodotti alimentari.

Nell’ambito della pubblicità esistono le cosiddette pratiche commerciali sleali che ovviamente sono vietate e perseguite. Il D.Lgs. 206/2005 (Codice del Consumo) e le integrazioni derivanti dal D.Lgs. 146/2007 (“attuazione della Direttiva 2005/29/CE in merito alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno”) regolamentano le pratiche commerciali scorrette tra le imprese e i consumatori.

Tutte le forme di pubblicità devono essere sempre veritiere, corrette e palesi (cioè devono sempre riconoscersi come tali e quindi non devono essere “occulte”). Però non sempre è così, infatti, tra le pratiche commerciali sleali alcune volte ci sono pratiche aggressive (quando il messaggio promozionale viene esplicitato attraverso molestie e/o condizionamenti in grado di limitare la libertà di scelta del consumatore inducendolo a prendere delle decisioni commerciali che altrimenti non avrebbe preso) e le pratiche ingannevoli cioè quando il messaggio veicolato non corrisponde alla verità oppure quando può indurre in errore il consumatore.

In merito a quest’ultima pratica un classico esempio potrebbe essere l’indicazione nel messaggio promozionale e/o nell’etichetta della dicitura “senza glutine” in un prodotto alimentare che per natura e lavorazioni non contiene glutine lasciando credere al consumatore medio che gli altri alimenti analoghi possiedono caratteristiche diverse quindi nello specifico che contengono glutine. Altro esempio similare potrebbe essere il riportare in etichetta la locuzione “senza olio di palma” in un prodotto alimentare che per natura e tipologia non contiene mai quell’ingrediente.

Questi aspetti sono disciplinati anche dal Regolamento (UE) 828/2014 (“relativo alle prescrizioni riguardanti l’informazione dei consumatori sull’assenza di glutine o sulla sua presenza in misura ridotta negli alimenti”) e dal Regolamento (UE) 1169/2011 (“relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori”).

La normativa vigente regolamenta anche la “denigrazione” di altri prodotti e/o aziende vietandola così come l’imitazione di altrui messaggi pubblicitari. Anche aspetti come agire sulla superstizione e le paure del consumatore nonché la tutela della dignità del consumatore sono ben disciplinati. In merito all’ultimo aspetto l’articolo 9 del CA pone il divieto di utilizzare messaggi indecenti e volgari (es. facendo abuso di doppi sensi).

È disciplinata anche la pubblicità comparativa (diretta, indiretta e superlativa) infatti la comparazione non deve mai essere sleale, generare confusione, essere ingannevole e, soprattutto, indurre del beneficio dalla popolarità di altri.

La normativa vigente pone particolare attenzione alla tutela dei bambini e degli adolescenti. A tale proposito l’art. 7 del D.Lgs. 145/2007 valuta “ingannevole la pubblicità  che,  in  quanto suscettibile  di raggiungere bambini ed adolescenti, abusa della loro naturale  credulità  o  mancanza  di  esperienza  o  che, impiegando bambini   ed  adolescenti  in  messaggi  pubblicitari,  fermo  quanto disposto  dall’articolo 10  della  legge 3 maggio 2004, n. 112, abusa dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani” e “considera  ingannevole  la  pubblicità,  che,  in quanto suscettibile  di  raggiungere  bambini  ed  adolescenti,  può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza”.

Ancora lacunosa e incompleta è la disciplina in merito alle varie forme di pubblicità che si possono attuare online, con particolare riferimento ai social network, soprattutto per quanto concerne i frequenti messaggi pubblicitari, non sempre palesi, dispensati dai cosiddetti Influencer, dalle Celebrità e dai Blogger.  A tale proposito lo IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) alla voce Digital Chart oltre ad offrire una completa rassegna dei moderni sistemi di pubblicità online e non (compresi quelli presenti nelle App, gli Advergame, Native Advertising, ecc.) propone anche delle corrette pratiche da attuare.

© Produzione riservata

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Dr. Luciano O. Atzori
Biologo – Esperto in Sicurezza degli Alimenti e in Tutela della Salute
Divulgatore Scientifico – Consulente agroalimentare
Co-founder  ISQAlimenti.it