Igiene della persona e tatuaggi

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Recentemente una gentile collega mi ha contattato per avere un mio parere in merito ad una problematica di sicurezza alimentare apparentemente banale che coinvolge anche la sfera etica. Nello specifico la professionista mi ha posto il seguente quesito: “un dipendente che manipola alimenti in alcuni periodi dell’anno, in virtù della sua religione, si fa tatuare le mani anche nei palmi con l’Hennè. Come si può risolvere il problema pur rispettando il credo del dipendente?”.

Di seguito cercherò di dare una sintetica, ma precisa risposta.

Risposta

Dalla pianta originaria dal Medio Oriente “Henna” (Lawsonia inermis) si ricava un estratto ricco di un pigmento di color rosso/arancio, l’Henné, attraverso il quale si possono effettuare dei tatuaggi temporanei (in genere della durata di pochissimi giorni). Però i tatto all’Henné che si vedono sono quasi sempre color nero e durano anche due o più settimane in quanto si ottengono miscelando il pigmento rosso originario con degli inchiostri (es. con la p-phenylenediamine) che rendono il colore più scuro (quindi più visibile) e maggiormente permanente. Questi cocktail sono in grado di causare dermatiti, allergie locali con formazione di arrossamenti e vescicole.

Appare quindi evidente che l’applicazione sulle mani di tatuaggi all’henné può essere causa di contaminazione biologica (pus, batteri, ecc.) degli utensili, delle attrezzature e degli alimenti manipolati. Va anche evidenziato che l’henné, e le altre sostante aggiunte, col tempo svaniscono (per questo motivo sono definiti “tatuaggi temporanei”) sia perché in parte vengono assorbiti dal derma, ma anche perché finiscono nell’ambiente esterno quindi anche nelle attrezzature e alimenti maneggiati. Perciò alla contaminazione biologica degli alimenti si somma anche quella chimica.

Fatte queste premesse si intuisce che l’uso dei tatuaggi temporanei all’Henné si configura come il non rispetto dell’igiene della persona come previsto nelle Buone Pratiche Igieniche (GHP) presenti nel Codex Alimentarius, il non rispetto delle Buone Pratiche di Lavorazione (GMP), delle disposizioni di molte Regioni, delle Linee Guida dell’OMS sull’igiene delle mani, dell’art. 42 (Igiene, abbigliamento e igiene del personale) del D.P.R. 327/1980 (…inoltre, il personale deve curare la pulizia della propria persona e in particolare delle mani e deve eseguire il proprio lavoro in modo igienicamente corretto.
L’autorità sanitaria può disporre particolari misure per determinate lavorazioni ed in casi specifici.
) e dell’Allegato II (Capitolo VIII) del Regolamento (CE) 852/2004.

Al fine di evitare la contaminazione biologica e/o chimica degli alimenti e di rispettare le norme sopra citate il dipendente che lavora manipolando alimenti con mani tatuate all’henné deve assolutamente fare uso di guanti per alimenti i quali devono essere del tipo “uso e getta” in quanto andranno cambiati con dei guanti nuovi ogni qual volta si verifica una contaminazione/insudiciamento degli stessi (praticamente ogni qual volta si laverebbero le mani se non si usassero i guanti). A tal proposito si ricorda, come recita l’art. 1 (punto 1, lettera a) del Reg. 852/2004, che “…la responsabilità principale per la sicurezza degli alimenti incombe all’operatore del settore alimentare” cioè dell’OSA.

Qualora il personale alimentarista non volesse o non può usare i guanti (es. per eccessiva sudorazione delle mani causata dall’interruzione della traspirazione, per allergia al materiale costituente i guanti) sarà costretto a non applicarsi tatuaggi all’henné durante i periodi lavorativi oppure il titolare potrà valutare il suo momentaneo utilizzo in altro settore, dove non viene a contatto con gli alimenti e gli utensili/attrezzature che a loro volta vengono a contatto con alimenti.

Si coglie l’occasione per ricordare che, oltre all’isolato caso dell’henné nelle mani raccontato dalla collega, spesso nelle aziende agro-alimentari si verificano dei comportamenti igienico-sanitari non corretti legati alla religione. Nello specifico si fa riferimento all’uso della fede nuziale. In merito a quest’anello importante e ricco di significati si dovrebbe pretendere da tutti i dipendenti sposati il non uso durante le ore di lavorazione. A tal proposito si ricorda che la fede (come ogni altro anello e monile) può costituire un pericolo fisico (cioè finire negli alimenti), ma soprattutto rappresenta una fonte microbica. Infatti, nel tratto compreso tra la fede e la pelle vi sono tutte le condizioni ideali per la proliferazione batterica (elevata umidità determinata dalla costante traspirazione, una temperatura di circa 36,5°C, residui di alimenti, ecc.).

Alcuni sostengono che la fede nuziale non costituisca un rischio igienico-sanitario in quanto tonda, liscia e ben aderente al dito. Tali affermazioni non hanno alcun riscontro scientifico perché se fosse così tutti i metalli lisci (es. l’acciaio e gli altri metalli che costituiscono le forchette, i coltelli, i cucchiai, le pentole, delle rubinetterie, delle maniglie, ecc.) non potrebbero essere contaminati da batteri eppure lo sono spesso e molto facilmente.

Va fatto anche presente che negli ultimi anni le fedi nuziali hanno forme originali (ricche di incisioni, rilievi, decorazioni, ecc.) che ne aumentano il rischio igienico. Oltre alla forma tonda e alla superficie liscia, che non sono un deterrente per i microrganismi, il fatto che la fede sia ben aderente al dito (alcune volte non si riesce a levarla) non rappresenta di certo un problema per i microscopici batteri…

Nell’ambito della mia attività mi è capitato più volte di fare dei tamponi microbiologici nello spazio compreso tra la fede e il dito anulare dei lavoratori in servizio. I risultati emersi possono essere descritti come la presenza di un gran numero di colonie batteriche di molte specie diverse. Insomma ho sempre riscontrato una sorta di “fiera dei microrganismi”, allegra affermazione che rende molto bene di cosa pullula in quel piccolo spazio.

In realtà, per i motivi sopra elencati, la fede non andrebbe mai usata dal personale alimentarista durante le ore di lavoro oppure si dovrebbero usare i guanti per alimenti usa e getta. Il non usare la fede o il non ricoprirla con guanto corrisponderebbe al non rispetto di tutte le pratiche, linee guida e norme precedentemente elencate oltre che a quelle sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (se si usano macchinari con pezzi in movimento è consigliabile togliere anelli, bracciali e orologi perché possono essere causa di infortuni) che però vengono molto spesso volutamente inattese perché viviamo in un Paese fortemente cattolico di conseguenza capita che gli organi di controllo tollerano l’uso di questo particolare e simbolico anello.

Quindi non scandalizziamoci se per alcune ore lavorative dobbiamo usare i guanti per coprire i tatuaggi che abbiamo sulle mani o se non possiamo usare la fede nuziale o dobbiamo ricoprire anche questa con un guanto, non per questi motivi legati al rischio igienico-sanitario smarriamo il nostro credo o amiamo meno il nostro/a compagno/a di vita… non penso che basti così poco per intaccare le nostre certezze.

© Produzione riservata

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Dr. Luciano O. Atzori

Biologo – Esperto in Sicurezza degli Alimenti e in Tutela della Salute

Divulgatore Scientifico – Consulente aziendale

Co-founder di ISQAlimenti.it