Antibioticoresistenza. Trend in calo in Italia ma l’Iss avverte: “Sforzi ancora insufficienti”

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È quanto emerge dal Rapporto Ar-Iss 2018 che rimarca come “le percentuali di resistenza alle principali classi di antibiotici per gli 8 patogeni sotto sorveglianza si mantengono più alte rispetto alla media europea.
“In Italia, gli ultimi dati disponibili mostrano che i livelli di antibiotico-resistenza e di multi-resistenza nelle specie batteriche sotto sorveglianza sono ancora molto alti, evidenziando un importante problema di sanità pubblica. Infatti, nonostante gli sforzi per la riduzione del fenomeno, le azioni messe in campo finora in ambito nazionale (come lo sviluppo di protocolli in tema di strategie di lotta contro le infezioni correlate all’assistenza e strategie di controllo, la promozione di un uso appropriato degli antibiotici, la rilevazione della comparsa di nuovi meccanismi di resistenza, la valutazione degli effetti delle azioni intraprese per contrastare il fenomeno) sono risultate per il momento insufficienti a contrastarlo efficacemente”. È quanto si legge nel Rapporto 2018 sull’antibiotico resistenza dell’Istituto superiore di sanità.

I dati in sintesi.
In Italia, nel 2018 le percentuali di resistenza alle principali classi di antibiotici per gli 8 patogeni sotto sorveglianza si mantengono più alte rispetto alla media europea, “tuttavia – rileva l’Iss – in generale si è osservato un trend in calo rispetto agli anni precedenti”.

Le percentuali di resistenza alle cefalosporine di terza generazione (29%) e ai fluorochinoloni (42%) in Escherichia coli si sono confermate molto maggiori rispetto alla media europea, anche se in leggero calo rispetto agli ultimi anni.

Si è osservata una diminuzione significativa nella percentuale di isolati di Klebsiella pneumoniae resistenti ai carbapenemi, che sono passati dal 37% nel 2016 al 30% nel 2018, mentre per E. coli anche se il valore si è confermato molto basso (0,6%) è risultato in leggero aumento rispetto agli anni precedenti. La resistenza ai carbapenemi è risultata comune, anche se in diminuzione, nelle specie Pseudomonas aeruginosa (16%) e Acinetobacter (82%).

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