di Luciano O. Atzori
Recentemente, a seguito di uno specifico evento, è stato chiesto a ISQAlimenti.it come ci si deve comportare quando, dopo un pasto consumato in un ristorante o dopo il festeggiamento di un evento (matrimonio, battesimo, laurea, ecc.), si verificano degli episodi di probabile tossinfezione alimentare (nausea, dolori addominali, diarrea, febbre, ecc.).
Ove possibile l’iter dovrebbe prevedere una certificazione sanitaria che attesti la diagnosi di tossinfezione alimentare (es. attraverso l’esame delle feci), ovviamente tale documento dovrebbe indicare il patogeno interessato (cioè il microrganismo causa della manifestazione patologica). Si dovrebbe cercare di acquisire una porzione dell’alimento indagato come probabile causa della malattia. Tale cibo è indispensabile per l’effettuazione di determinazioni analitiche utili a riscontrare la presenza dello stesso patogeno di cui sopra.
Questo iter procedurale, non sempre attuabile, permette di definire il legame accidentale tra il consumo di un alimento e l’insorgenza della tossinfezione alimentare.
Appare subito evidente che tale prassi spesso è difficilmente attuabile in quanto i sintomi di moltissime tossinfezioni generalmente compaiono dopo parecchie ore o addirittura dopo alcuni giorni dal consumo di cibo contaminato e di conseguenza risulta impraticabile l’acquisizione tempestiva di quello che nella ristorazione collettiva (mense scolastiche ed aziendali) viene definito “pasto testimone” (campione del cibo preparato e distribuito).
Oltre a ciò va precisato che nei ristoranti non vige l’obbligo di conservare a bassa temperatura tale “pasto testimone” per 72 ore (cioè per tre giorni) dalla preparazione quindi è quasi impossibile effettuare delle precise analisi di laboratorio che permettano di riscontrare eventuali non conformità di natura biologica (es. la presenza di microrganismi patogeni).
I ristoranti, pizzerie e attività similari per legge devono solo rispettare il sistema H.A.C.C.P. e la Rintracciabilità di tutte le materie prime e semilavorati utilizzati. Ovviamente ciò, dal punto di vista probatorio, non sempre è sufficiente per definire il nesso tra tossinfezione alimentare e consumo di specifici alimenti in un contesto ben definito.
Quindi l’iter ideale sopra descritto spesso non è praticabile a causa di svariati motivi tecnici e normativi. Fortunatamente in questi casi ci viene in aiuto la consolidata giurisprudenza di settore come si evince da un recente caso giudiziario che si è verificato nel 2017 nel nord Italia.
Nello specifico, il titolare di una società di catering (cioè ditta che effettua le operazioni di approvvigionamento e rifornimento di alimenti e bevande pronti nell’ambito di comunità, compagnie di trasporto, cerimonie, ecc.), a seguito di diversi casi di tossinfezione alimentare riscontrati in persone che avevano consumato cibi, presumibilmente delle ostriche durante un banchetto nuziale, era stato condannato per i reati di lesioni colpose (art. 590 del Codice Penale) e commercio colposo di sostanze nocive (artt. 444 e 452 sempre del C.P.).
Il titolare della società di catering si è opposto, attuando un ricorso in Cassazione, adducendo che gli alimenti somministrati erano stati comperati solo 24 ore prima della somministrazione e che non vi era stato un riscontro oggettivo della diagnosi poiché i referti medici riportavano solo i disturbi e i malesseri soggettivi. Oltre a ciò l’unico esame di laboratorio effettuato era risultato negativo, e pertanto scagionava l’imputato.
Insomma, nel caso di cui sopra, i soli elementi indiziari erano costituiti dai certificati medici (senza allegate le relative determinazioni analitiche di laboratorio) riportanti i disturbi esposti dalle persone ammalate.
Sicuramente tale situazione, agli occhi di molti, potrebbe ipotizzare la non condannabilità dell’ipotetico responsabile, eppure i giudici della Cassazione Penale, con sentenza n. 5472 del 6.02.2018, hanno rigettato il ricorso definendo che la prova di una tossinfezione alimentare può essere fornita con ogni mezzo (es. attraverso testimonianza delle persone intossicate, con i certificati medici) senza la necessità di una perizia o consulenza tecnica se gli indizi raccolti sono plurimi, univoci e concordanti.
I casi di tossinfezione alimentare a seguito di pasti consumati durante cerimonie o semplicemente al ristorante con amici, parenti o colleghi sono abbastanza frequenti e secondo le persone interessate possono determinare effetti molto gravi o addirittura nefasti (es. nei bambini, negli anziani, nelle persone defedate).
Appare evidente che il titolare e tutto il personale alimentarista deve costantemente attuare tutta una serie di procedure atte a ridurre drasticamente la possibilità di tossinfezioni. Molto spesso bastano semplici accorgimenti che sfuggono, però, agli operatori del settore.
Per eventuali informazioni e/o consulenze nell’ambito della problematica è possibile contattare il team di ISQAlimenti scrivendo a info@isqalimenti.it
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Dr. Luciano O. Atzori
Biologo – Esperto in Sicurezza degli Alimenti e in Tutela della Salute
Divulgatore Scientifico – Consulente agroalimentare
Co-founder ISQAlimenti.it